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Normativa

Ambiente e gestione scarti

Il modello di Economia circolare è la risposta proattiva alla crisi del sistema economico lineare, spesso inefficiente e costoso, basato sullo sfruttamento delle poche risorse per soddisfare i molti bisogni dei consumatori.

L’economia circolare è un approccio sostenibile che mira a ridurre al minimo gli sprechi di risorse, promuovendo la riutilizzazione, il riciclo e il ripristino. Nel contesto dell’agroalimentare e della grande distribuzione organizzata, la circolarità è attuata attraverso il recupero e il riutilizzo dei residui alimentari per contribuire a ridurre l’impatto ambientale e ridurre l’uso di materie prime. In Italia, la legislazione trae origine dalle disposizioni inerenti al ciclo dei rifiuti – il Decreto Legislativo 152/2006, noto anche come Testo Unico dell’Ambiente – sino al 2018 con l’approvazione del Pacchetto sull’economia circolare e l’adozione delle quattro direttive UE 2018/849, 2018/850, 2018/851, 2018/852 e all’entrata in vigore nel novembre 2022 della norma tecnica Uni/Ts 11820 per misurare la circolarità dei processi delle organizzazioni.

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In Italia, i sottoprodotti sono definiti dal Testo Unico sull’Ambiente (Decreto Legislativo 152/2006) come materiali e non rifiuto, purchè sussistano specifiche condizioni: il sottoprodotto è, infatti, il residuo di un processo di produzione, la cui natura rende possibile un ulteriore impiego; si tratta, dunque, di un materiale residuo che può essere utilizzato in modo sicuro e vantaggioso, che ha destinazioni alternative di reimpiego rispetto a quelle stabilite per i rifiuti. Ovviamente, per essere considerato sottoprodotto anziché rifiuto, il materiale deve soddisfare alcune condizioni specifiche di origine, qualità, utilità e rispetto delle norme ambientali e della salute pubblica; è onere del produttore la prova della sussistenza dei requisiti di qualifica, ma ciò si estende anche a tutti gli operatori della filiera di gestione del sottoprodotto.

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Per quanto riguarda i sottoprodotti di origine animale, le normative di settore sono principalmente regolate dalla legislazione europea e nazionale; in particolare, il Regolamento (CE) n. 1069/2009 stabilisce le norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e i derivati non destinati al consumo umano. Il Regolamento non solo suddivide i sottoprodotti di origine animale in differenti categorie in base al rischio sanitario ma fornisce anche norme dettagliate per garantire che la catena di produzione di questi sottoprodotti sia sicura e rispetti specifici requisiti; a tal proposito, gli stati membri sono tenuti a designare autorità competenti responsabili dell’applicazione del regolamento e del controllo delle attività legate ai sottoprodotti.

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In Italia la normativa sui rifiuti è disciplinata principalmente dal Decreto Legislativo 152/2006, che stabilisce una gerarchia delle operazioni da applicare alla loro gestione, dando priorità alle azioni che favoriscono la prevenzione, il riutilizzo e il riciclo. La normativa stabilisce, poi, degli obiettivi di riciclo per differenti categorie di rifiuti, con l’obiettivo di aumentare progressivamente le percentuali di recupero dei materiali. In un’ottica di questo tipo, dunque, è logico che siano previste sanzioni per le violazioni delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti al fine di garantire l’adeguata attuazione delle normative.

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La Carbon foot print è una misura dell’impatto ambientale legato alle emissioni di gas ad effetto serra associate ad un’attività, un prodotto o ad una organizzazione. In questo caso, la sostenibilità del prodotto si riferisce alla riduzione di tale impronta di carbonio attraverso varie pratiche e processi volti a mitigare il cambiamento climatico e a promuovere operazioni più eco-friendly. Attualmente in Italia non esiste una normativa specifica che obblighi le aziende a calcolare la loro impronta di carbonio; tuttavia, esistono normative europee che possono influenzare le imprese italiane e promuovere pratiche sostenibili. L’Unione Europea ha implementato differenti iniziative per affrontare le questioni legate alle emissioni di gas ad effetto serra e promuovere la sostenibilità: in questo caso si può citare il Sistema di Commercio delle Emissioni dell’UE che impone limiti alle emissioni di GHG per svariati settori industriali. Inoltre, la normativa europea sui prodotti mira a promuovere la sostenibilità attraverso criteri ecologici e di efficienza energetica. Infine, sono molte le aziende che adottano volontariamente standard ed iniziative per misurare e ridurre la loro impronta di carbonio: basti pensare alle certificazioni ISO 14001 (Gestione Ambientale) e ISO 14067 (Gestione delle Emissioni di Gas a Effetto Serra) che possono essere utilizzate per dimostrare l’impegno verso una produzione e pratiche più sostenibili.

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Zootecnia

Le normative che regolamentano i mangimi, soprattutto nel settore della zootecnia, sono cruciali per garantire la sicurezza degli alimenti, la salute animale e la qualità della produzione agricola. In Europa, compresa l’Italia, queste normative sono in gran parte armonizzate a livello comunitario; in particolare, il Regolamento (UE) n. 183/2005 stabilisce i requisiti per l’igiene dei mangimi e i principi generali per il controllo di questi prodotti. Non a caso, vengono stabiliti standard dettagliati per garantire la sicurezza alimentare e un adeguato livello di igiene durante la produzione, l’immagazzinamento, il trasporto e la distribuzione di mangimi che, tra le altre cose, devono presentare un’etichettatura chiara e dettagliata riguardo la composizione, l’analisi nutrizionale e l’uso previsto.

Nel settore mangimistico possono essere impiegati ex prodotti alimentari che rientrano nella categoria di sottoprodotti di origine animale o vegetale precedentemente trattati per essere utilizzati come ingredienti nei mangimi. Anche in questo caso, l’utilizzo di ex prodotti alimentari può contribuire alla valorizzazione degli scarti o dei sottoprodotti dell’industria alimentare, riducendo gli sprechi e fornendo una fonte aggiuntiva di nutrienti per gli animali. In Europa, le normative che regolamentano l’utilizzo degli ex prodotti alimentari nei mangimi rientrano nel il Regolamento (UE) n. 625/2017 e Regolamento (CE) n. 767/2009; quest’ultimo stabilisce le norme di base per la commercializzazione e l’uso dei mangimi e include disposizioni specifiche sugli ex prodotti alimentari, i quali devono essere trattati in modo appropriato per garantirne la sicurezza e l’igiene.

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Bioenergie

In Italia, le normative relative al biogas sono disciplinate da diverse disposizioni legislative e regolamentari che approfondiscono vari aspetti tra cui la produzione di biogas, la gestione dei rifiuti organici e la promozione di energia rinnovabile.

Il Decreto Legislativo n. 387/2003 attua la direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Questo decreto, fa parte del quadro normativo italiano finalizzato a promuovere ed incentivare l’uso di energie rinnovabili per la produzione di elettricità; in particolare, esso stabilisce obiettivi e linee guida indicando la modalità di incentivazione e promozione delle fonti energetiche sostenibili nel settore elettrico.

Per quanto riguarda, nello specifico, il biogas, il Decreto Legislativo n. 17/2022 ammette in ingresso agli impianti i sottoprodotti provenienti da attività agricola, di allevamento, dalla gestione del verde e da attività forestali, nonché i sottoprodotti provenienti da attività alimentari ed agroindustriali elencati nel Decreto ministeriali del 23 giugno 2016. 

Nel caso del biometano, invece, una delle disposizioni più rilevanti è sicuramente il Decreto Legislativo n.199/2021 che stabilisce che il biometano prodotto, ovvero immesso nella rete del gas naturale, viene incentivato mediante l’erogazione di una specifica tariffa di durata e valore definiti da specifiche disposizioni governative.

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